CHOKORA

Il barattolo che voleva suonare

Si pronuncia “Ciokorà” , in Shwahili significa rifiuto.
Questo il nome che viene dato ai bambini di strada a Nairobi.
Bambini che nella spazzatura vivono, o meglio sopravvivono.

Dall’immensa discarica di Dandora agli slum di Dagoretti sino alla sede Amref, vi racconteremo la loro storia e quella di un barattolo.
E’ una storia di rinascita, di infanzia che torna ad essere vissuta, di speranza.
E’ la storia di un rifiuto che diventa musica, gioco, nuova vita.
Mi sono recata a Nairobi, in Kenya e, insieme ai social worker di AMREF HEALTH AFRICA, ho documentato la storia dei bambini che vivono nelle discariche e della loro rinascita attraverso il riciclo del materiale trovato fra i rifiuti per farne strumenti musicali.
Ho seguito passo passo tutte le fasi del recupero: mi sono recata nella discarica di Dandora e in dumpsite minori, ho partecipato al processo di rescue con gli operatori e ho seguito i bambini all’interno delle sedi AMREF, dove iniziano a andare a scuola, ricevono cure mediche, assistenza.

Il progetto è stato pensato e realizzato con il giornalista e scrittore Mario De Santis che ne ha curato i testi.

La passione non solo debella le paure, ma fa si, soprattutto, che la volontà conduca alla creatività. Quando tra le sue foto ritratte a Dandora scorgo gli occhi di questi dannati già all’inferno, senza essere mai passati dal purgatorio della vita, esse mi ridanno quella consapevolezza da me perduta, di riguardare alla fotografia, quella vera, quella che racconta, quella che ti lascia il buco nello stomaco, e la voglia di versare una lacrima, per ciò che ritenevo perduto, ma che invece ancora esiste: Valentina Tamborra Fotografa.

Francesco Cito

La montagna di spazzatura ha il colore moto dell'eterno. Terra desolata, non è l’inferno, ma è la sua zona grigia. Sta qui da sempre, un regno marcio che pure nutre, la terra matrigna che qui è già esplosa, il disastro è dove non arrivano gli occhi. (Dandora, Nairobi, l’ingresso di una delle discariche più grandi del mondo) The mountain of trash has the color of the eternity. Waste land, it’s not Hell, but its grey area. It’s here from ever, a rotten reign which feeds, exploded stepmother soil, the disaster is where the eyes can’t see. (Dandora, Nairobi, the entrance of one of the biggest dumpsites in the world)
Gli occhi di Muluwa invece arrivano dal nulla. Come se la sua vita fosse nata da uno scarto. Essere gettati, dicono i filosofi in tedesco. In Kiswahili è più semplice: chokorà, rifiuto. Non è il nome dell’immondizia, ma dei bambini, che sono lo stesso, nell’impietoso nomignolo che gli abitanti di Nairobi danno a questi ultimi degli ultimi. Da sempre i ragazzi di strada a Nairobi sono quantificati in 70, 80, centomila. Uno è nessuno. Ma la sfida è scommettere sull’uno. (Uno dei tanti ragazzini di strada che razzolano tra i rifiuti in cerca di scarti da rivendere) The eyes of Jamal come from nowhere. As if his life were born from waste. Been thrown, the german philosophers say. It’s easier in Kiswahili: chokorà, trash. It’s not the name of the garbage, but of the kids, which is the same, the pitiless nickname Nairobi people give to the last of the last. The Nairobi street kids have always been counted on 70, 80, one hundred thousand. One is nothing. But the challenge is to bet in the one. (One of the many street kids who wander in the waste looking for scrap to re-sell)
Esercito di Sisifo. Ogni giorno una massa di rifiuto segnala che il Kenya si arricchisce sempre più. Ogni giorno la frenesia delle bande di chokorà che si sfidano a chi ne raccoglie tanta e più rapidamente segnala che quella ricchezza è un bene per il paese, ma è ingiusta e sbilanciata tanto quanto quella occidentale. (i bambini di strada a Nairobi sono 80/100 mila. Vivono per lo più in gruppi, piccoli plotoni) Sisyphus Army. Everyday a bulk of waste tells Kenya is getting richer and richer. Everyday the chokorà bands face on the frenzy activity of collecting more and faster revealing that richness is good for the country, but isn’t fair and unbalanced as much as the western one. (Nairobi street kids are 80/100thousands.They live mostly on groups, small platoons)
Da che guazzo o in che intruglio si ràdica, in tutto questo sfacelo, quella pianta che dondola zozza, alla polvere? non è tanto il sorriso sereno a far impressione, il riposo delle donne, né la cuffia acconciata o il turbante coi pendagli, né il bianco della blusa. Quello che sorprende è invece un quieto sopravvivere di erbetta, un vegetale violento che vuole, e vuol divenire di straforo nel residuo, rifiorire più fatuo del fuoco in un cimitero, più vivo di ogni morte, con le foglie che s’impennano quasi a sentire una estrema, indecente possibilità: fiorire, dove tutto è coniugato alla sua morte. (Donne che raccolgono rifiuti, li selezionano e poi rivendono a chi li riutilizza. Momento di riposo) From which pond or concoction is it rooted in, in all this mess, that filthy plant dangling, to the dust? It’s not the calm smile to impress, the rest of the women, not even the bonnet neither the turban with pendants, nor the white blouse. What’s the surprise is the quiet survival of grass, a violent vegetable which wants, and hidden wants to become in the rest, blooming more ephemeral than ignis fatuus in a cemetery, where everything is connected to death. (Women collecting garbage, selecting and reselling to those who recycle it. Moment of rest)
Cosa fugge nella prospettiva? Dove sembrano andare i ragazzi? In nessun posto, ma lo squarcio del cielo rimane. Ho pensato a Burri guardando i sacchi neri accatastati, la materia degradata pagata da noi milioni di euro per sottolineare un mondo al capolinea, la sua finitezza e dissolvenza. Qui sono il magma di una possibile redenzione impalpabile e incredibile, tra nuvole e attesa, i marabou schierati a sentinella, tutto è luce coatta, attirata dal nero. (Bambini, uccelli, i giganteschi Marabou e rifiuti, un panorama che accoglie a Dandora il visitatore) - What’s missing in the perspective? Where my kids seem going? Nowhere, but the gash in the sky stays. I thought about Burri while watching those black sacks stacked, the rotten matter we paid million of euros to highlight a world at its terminal, imperfection and fade. Here it’s a magma of a possible, impalpable and incredible redemption, between clouds and wait, marabous lined up at guard, everything is constrained light, attracted to black. (Children, birds, the huge Marabous and trash, the view that welcomes the Dandora visitor)
Nessuno vola, tutto precipita, il cielo a perpendicolo, qualcuno di spalle se ne va, ma non sa più pensare. Uomini ricchi battono mani, il suono sordo dei soldi qui rimbalza su una maglia, tutto è vittoria, oro e petrolio. Non in questo pomeriggio, non adesso, né mai. (Donne al lavoro a Dandora) - No one flies, everything fall down, the perpendicular sky, someone leaving, but he doesn’t know what to think anymore. Rich men clapping, the deaf sound of money bounces here on a t-shirt, everything is victory, gold and oil. Not in this afternoon, not now, nor ever. (Women working in Dandora)
“Vivo in una solitudine molto rumorosa. Spesso nelle pause trovo parole stampate da un libro, le leggo. A volte sono pezzi di libri, ma anche da quelle pagine ho appreso che i cieli non sono affatto umani e che gli uomini non sono angeli. Ma non importa qui siamo lontani dal cielo e dal mondo. Getto la pagina nella balla di rifiuto, la guardo diventare materia inutile, come per noi lo era prima, col suo sapere scritto.” (Uomini che lavorano nella discarica, momenti di inaspettato relax leggendo pagine di un giornale raccolto tra i rifiuti) –“ I live in a very noisy loneliness. In my pause I often find words printed in a book, I read them. Sometimes they are chuncks of books, but even from those pages I learnt skies aren’t human and that humans aren’t angels. But it doesn’t matter how far we are from sky and earth. I throw the page in the waste, I see it becoming useless material, as it was for us, with its written knowledge.” (Men who work in the dumpsite, moments of unexpected relax reading pages of a discarded newspaper)
Il funambolo dell’ombra ha tre anni. Al contrario degli atleti del circo, il filo su cui cammina in equilibrio attraversa non il cielo, ma il fondo di un fondo. Per lui la caduta non è più in agguato, lui è dentro Kibera, è già caduto, da quando è nato. Ogni giorno sta in equilibrio, finché vive, sull’abisso. I ponti passano su fiumi morti, tutto è nel passo dell’abbandono tranne quella piccola passeggiata sul nulla di una traccia nera che si dipinge col sole e con i cavi della luce. Sembri abbandonato, vagare solo, da quassù, per noi predatori di immagini che non sappiamo il tuo nome. Ti chiameremo pollicino, il bosco delle baracche aspetta la tua avventura, che noi chiameremo semplicemente la tua vita. (Lo slum di Kibera, baraccopoli da 800.000 persone, dettagli di immagine di vita quotidiana di strada, bambini ovunque spesso abbandonati) - The shadow funambulist is 3 years old. But at the opposite of the circus athletes, the tightrope he is walking on isn’t the sky, but the bottom of the bottom. He is not scared of falling, he is inside Kibera, he has already fallen, since he is born. Everyday he is balancing, till he will live, over the abyss. Bridges are over dead rivers, everything is on the abandon side but that short walk on nothing by a black trace that sun paints together with light wires. You look abandoned, lonely wandering, form up here, to us images predators who don’t know your name. We’ll call you Tom Thumb, the shack-hood waits for your adventure, we’ll simply call your life. (Kibera slum, 800.000 people bidonville, details of everyday life, children are abandoned anywhere)
Jamal porta poi l’immancabile cappello sulla testa, anche col caldo. Jamal è un millenial, come generazione, è nato undici, dodici anni fa, ma vive peggio di un ragazzino di Londra ai tempi di Charles Dickens. Sua madre è morta di Aids, suo padre era già scomparso ancora prima che nascesse. Vive a Dagoretti, dorme dove capita, deambula di giorno per le strade, tra fango e folla, di notte a volte dorme in una fogna non più attiva, insieme ai topi. È un pezzo della nube di ombre che vagano senza capire più cosa siano, la luce e l’ombra. (I chokorà, i bambini di strada) - Jamal is wearing the unmissable hat on his head, even if it’s hot. Jamal is a millennial, as a generation, he is born eleven, twelve years ago, but lives worse than a Charles Dickens times London kid. His mother died of AIDS, his father vanished before he was born. He lives n Dagoretti, sleeps where he finds a place, during the day he walks in the streets, in mud and crowd, during the night stays in a dismissed sewer together with rats. He is a piece of that cloud of people who wander without understanding who they really are, light and shade. (Chokoras, street kids)
La loro coperta di Linus è quel sacco di fibra cerata che conteneva riso pachistano, ora è il migliore amico, la lercia cornucopia dei 100 Shillings, il cilindro da cui tirano fuori ogni giorno il coniglio: bottiglie di plastica al chilo, per pochi “bobs” - come chiamano qui lo scellino - con cui comprare due chapati fritti e un po’ di colla. “The Glu”,per loro è il toccasana - gli dava da sniffare anche la madre, quand’erano piccoli, toglieva i morsi del fame. Adesso soprattutto la paura che giace in chissà che fondo di questi ragazzini, che hanno l’età di un figlio che potremmo avere, noi adulti occidentali che tutto abbiamo e niente. (Bambini in una pausa del loro “lavoro” raccogliere scarti e rivenderli per comprare colla) - Their Linus blanket is that fiber sack which contained Pakistani rice, now it’s the best friend, the 100 Shillings dirty cornucopia, the cylinder from where they take out a rabbit everyday: plastic bottles, kilos for “bobs” – as they call the shilling – to buy two fried and some glue. “The Glu”, it’s their panacea – even their mom give them to sniff when they were young, it took away the hunger bites. Today it takes away the fear which lies who knows where in these kids, of the same age of one of ours, we western adults who have everything and nothing. (Children taking a break from their “job” of collecting garbage to re-sell and buy some glue)
Charlie Parker con gli occhi chiusi, mentre soffia dentro il sax. il pensiero, l’associazione di immagini è scorretta, quando vedo Izac mentre sniffa. La stessa concentrazione, lo stesso soffio mistico, ma non dà dentro verso fuori: non ci sarà musica a riempire di disperazione e nostalgia il nostro spazio. Izac sniffa da dentro verso dentro, tutto è invisibile, silenzio: si bruciano sinapsi, si fa deserto di assoluto dentro, si cancellano parole, si uccidono pensieri, si va a perdere la vita di chi non ha niente più da perdere, nemmeno quella. (Come ad un sax, la bottiglietta è la protesi che salva dal nulla) – Charlie Parker with eyes closed while blowing his sax. This thought, this image is uncorrect, when I see Izac sniffing. Same concentration, same mystic blow, but not from inside to outside: there won’t be any music to fill our space with desperation and melancholy. Izac sniffs from inside to inside, everything is invisible, silence: burnt synapses, absolute desert inside, erased words, killed thoughts, lost life of those who have nothing else to lose, not even that. (like a sax, the bottle is the prosthesis which saves from void)
Si diventa figure fragili di uno zoo di vetro: gli occhi sono la gabbia - ma la ferocia è ciò che sta là fuori e che Izac non vede più. (Bambino chokorà, dettaglio, lo sguardo iniettato è per la colla che sniffano) - You become a fragile figure of a glass zoo: eyes are the cage – but cruelty is what is out there and Izac doesn’t see anymore. (Chokora kid, detail, his sight is due the glue they sniff)
Se non di colpo, come un fantasma, un battere, un richiamo, il nome forse, qualcosa di conosciuto, un ricordo, una folata, un attimo, c’è stato un attimo, uno solo, nella vita in cui ti sei sentito al sicuro? (Bambini di strada, dettagli) – If not suddenly, like a ghost, a beat, a call, maybe the name, something known, a memory, a gust, an instant, has ever been an instant, once, in your life you felt safe? (Street kids, details)
“Si possono negare quasi tutte le astrazioni: la giustizia, la bellezza, la verità, la bontà, lo spirito, Dio. Si può negare la serietà, ma non si può negare il gioco”. (John Huizinga, Homo ludens) – (slum di Dagoretti, bambino che gioca) – “You can deny, if you like, nearly all abstractions: justice, beauty, truth, goodness, mind, God. You can deny seriousness, but not play.” (John Huizinga, Homo ludens) – (Dagoretti slum, kid playing)
“La strada è la mia scuola”. Osservate bene, nessuno potrà dire più con leggerezza questa frase, dopo aver visto come davvero non c’è altro spazio che quello fuori dalle baracche per imparare a far di conto e a leggere. Nessun quaderno, nessun banco. La fiducia ostinata nella scuola. (Slum di Kibera, bambini giocano in strada, nello spazio dove c’è un’improvvisata lavagna su lamiera, forse una scuola altrettanto improvvisata) – “Street is my school”. Look well, no-one can ever tell this sentence with levity, after having seen how there’s no other place then the one outside the shacks to learn to do sums and read. No exercise book, no desk. The tenacious faith in school. (Kibera slum, kids playing in the streets, in the space where there is an extemporary metal sheet board, maybe in an extemporary school)
Tutto precipita in un momento di pace carica, lo sporco, disseminato intorno resta agli occhi solo sfondo, opacità. Ora nelle mani di Faith sta il suo nome. Come tante bambine, porta in calce l’unico dono possibile: credere non certo ai miracoli, qui nessuno se li aspetta. La preghiera qui è canto, modulazione di una forza interiore serrata con gli occhi. Non vedremo mai Dio, neppure vedremo mai questa fede dolente che aiuta a sopportare l’inverosimile eppure materiale, la povertà, la perdita, la morte dietro l’angolo anche del figlio amato. Eppure di questa fede, contrariamente a Dio, vedremo poi negli occhi - appena poi saranno aperti alla fine del canto da lei stessa inventato – la luce. Quella luce, materiale enigmatica, ancora più inverosimile dell’orrido a cui mai noi ci abitueremmo – se non con la stessa identica fede. (slum di Dagoretti, in casa di una donna e dei suoi figli)
Ed è questa luce, che fiammeggia in fondo ai visi – un flash, un vento, un flusso lontano, una promessa di restare, un sobrio invito a condividere. Un’apertura al mondo, anche se il mondo è offeso, e loro con il mondo che gli appartiene, appena un vicolo, tre bacinelle, una bottiglia, il mio silenzio, il loro. (Dagoretti, famiglia) – It’s this light glowing in the deep of the faces – a flash, a wind, a distant flow, a promise to stay, a sober invite to share. An opening to the world, even if the world is injured, and they with the world they belong to, just an alley, three bowls, one bottle, my silence, theirs. (Dagoretti, family)
Saremo soli nella catastrofe, ma mai davvero soli se tu rimani mio fratello ed io il tuo. L’osso del piede si taglia, tra le rocce e le lamiere, io porto in spalla il futuro, non c’è nessun passato a crollare se non quello dei due che mi guardano le spalle, una come un cecchino con l’obiettivo, l’altro senza adeguare le parole. Ehi voi due! Muzungo! Privilegiati bianchi, chi riuscirà a porre in salvo chi? Voi, me e mio fratello così gracile che avvampa di febbre, che scotta di un sangue fatto cattivo da nostra madre morta? O saremo noi un giorno a salvarvi, a portarvi in spalla quando voi sarete vecchi e sentire di soprassalto pungervi l’estrema solitudine di chi è giunto esatto e incerto nel più buio degli anni? (Kibera, bambini che si aiutano ad attraversare i pericoli della strada) – We will be alone in the disaster, but never really alone if you stay my brother and I yours. The bone of the foot is cut, between rocks and metal sheets, I bring the future on my shoulders, there’s no past to crumble but the two that watch my back, one as a sniper with a scope, the other one without adjusting the words. Hey you two! Muzungos! Privileged white who will save who? You all, me and my brother so weak who has fever, burning for a blood rotten by our dead mother? Or it will be us, one day to save you, to bring you on our shoulders when you’ll be old and suddenly feeling the extreme loneliness of who has come exact and uncertain in the darkness of the years? (Kibera, children helping each other to cross the danger of the street)
Il bambino che verrà, non sarà più bambino. Un essere qualsiasi, ma che comunque importa. Chi lo ritrova, è già stato quel bambino e in un gesto stabilisce un contatto scambiando appena briciole di forza. Se ne può uscire, io ero come te, dice senza dire Sam. Io ero perso, ero ciondolante, avevo occhi iniettati di veleno, mangiavo nei rifiuti, vestivo stracci. Poi un giorno qualcuno mi ha fatto una domanda ed io ho risposto, ho avuto la fortuna di capirla, non ero troppo strafatto – e ho detto sì. (Samuel, ex bambino di strada oggi social worker, impegnato a Dagoretti nel cercare di coinvolgere e salvare bambini che sono come lui stesso era) - The child who will come, will never be child anymore. A whatever being, but we care of. Who find him has already been that kid and in a move he establishes a contact exchanging signs of strength. You can get out of it, I was like you, Sam says without talking. I was lost, slouching, eyes filled with venom, I ate trash, wore rags. Then one day, someone made me a question and I replied, I had the luck to understand it, I wasn’t too much stoned – and I said yes. (Samuel, former street kid and today Dagoretti social worker specialized in finding and involving kids like he once was)
“La prima cosa a cui si abituarono fu il ritmo del lento passaggio dall'alba al rapido crepuscolo. Accettavano i piaceri del mattino, il bel sole, il palpito del mare, l'aria dolce, come il tempo adatto per giocare, un tempo in cui la vita era così piena che si poteva fare a meno della speranza”. (William Golding, Il signore delle mosche”, p. 64). All’alba, finita la notte di colla, violenza e sopravvivenza, si torna, per il breve lasso di un’ora, a desiderare di essere figli. Ad aspettare il tè caldo con il latte, a giocare. (Dagoretti, con Samuel portiamo i ragazzi ad una tenda improvvisato bar a bere thè e prendere un “chapati” (focaccia di farina) da mangiare) - “The first rhythm that they became used to was the slow swing from dawn to quick dusk. They accepted the pleasures of morning, the bright sun, the whelming sea and sweet air, as a time when play was good and life so full that hope was not necessary and therefore forgotten.” (William Golding, The Lord of the flies”). At dawn, after a night of glue, violence and survival, get back for just one hour to the desire of being son. Waiting for some hot tea with milk and play. (Dagoretti, together with Samuel we bring the kids to a makeshift tent bar to have a tea and “chapati”(wheat flour focaccia) )
Ascolta nella sconfitta di chi viene qui, la tua stessa sconfitta. Una madre, una zia che viene a lasciare qui il figlio, il nipote, perché non può più curarlo sta compiendo un passo duro, a cui pure la vita li ha abituati. Noi vediamo l’accoglienza dello staff di Amref, che ascolta per capire cosa fare. Noi però dovremmo seguire la traiettoria di sguardi persi, di chi ha perso ogni direzione verso il futuro. (Dagoretti, Amref point, primo centro di accoglienza per bambini soli o da famiglie in difficoltà estrema) – Listen who comes here in the defeat, his own defeat. A mother, an aunt who comes here to leave a son, a nephew, because she can’t take care of him anymore, a tough step, to which life made them used to. We see the Amref staff acceptance who listen to try to understand what to do. But we should follow the stare of those lost sight, of those who have lost every direction to the future. (Dagoretti Amref point, first Help Center for lone kids or coming from family in extreme need)
Essere ragazzo, avere quindici anni e non permettere a nessuno di dire, specie qui, che è la più bella età della vita. Qui ritroviamo tragedie delle nostre passate gioventù, dovremmo sapere come curare le ferite. (Uno dei ragazzi tra i tanti che ogni giorno vengono intervistati insieme ad un genitore o parente componente della famiglia per valutare sia necessario frequenti il centro Amref) - Being a kid, being fifteen and not allowing anybody to tell that it’s the best age of life. Here we find the tragedies of our post youth, we should know how to heal wounds. (one of the many kids that everyday are interviewed with a prent or a relative)
Migliaia di pagine, la commedia e la tragedia umana, il romanzo di una vita. In questi quaderni tra 30 anni leggeremo la speranza di questo momento e sapremo se è morta. (La relazione della social worker di Amref che contiene tutta la scheda valutativa della famiglia e del ragazzo) - Thousands of pages have been written, the commedy and the human tragedy, the novel of a life. In 30 years from now we’ll read in these books the hope of this moment and we’ll know if it’s dead. (Amref social worker report which contains the records to evaluate the family and the kid)
La gioia di vivere è un’idea che non ha parole per essere spiegata. È sempre agita, è sempre più veloce della vita stessa. (Bambine che giocano in attesa fuori dal centro Amref) – Joy of life is an idea doesn’t need words to be explained. It’s always in movement, it’s always faster than life itself. (Children playing while waiting outside Amref Center)
La dedizione a creare dal nulla. Con nulla. Come meno di niente, scarti, polvere, terra. (Ragazzini del centro Amref Italia mentre preparano gli strumenti percussivi tradizionali da loro stessi costruiti) - Devotion in building from nothing. With nothing. With less then nothing, scrap, dust, soil. (Kids of Amref Italy Center while they are preparing traditional percussion instruments built by themselves)
La serietà ritorna, come un’ombra sui volti. Per costruire strumenti musicali, ci vuole un accordo di gesti e silenzio. (Ragazzini al lavoro nella sala musica del centro Amref di Dagoretti) – Seriousness comes back shading faces. Building musical instruments takes harmony between gestures and silence. (Kids working in the music lab inside the Dagoretti Amref Center)
Natura viva, con strumenti musicali. (Amref Italia, Nairobi, Dagoretti: la stanza della musica) - Still Life, musical instruments (Amref Italy, Nairobi, Dagoretti: music chamber)
La siccità sta distruggendo la terra. Non piove più come prima, le grandi piogge che facevano correre acqua nelle grondaie a litri e litri. Oggi l’africa sta soffrendo, affronta una delle peggiori siccità della storia recente. Nel vuoto di queste drum-pipe scorre un’energia e un richiamo, la musica di chi ha solo la musica per far crescere fiori. (Dettaglio di uno degli strumenti costruiti tutti con materiali di scarto qui inservibili grondaie) – Drought is destroying the soil. It doesn’t rain as before anymore, the great rains made liters and liters of water flow inside the gutters. Africa is suffering, it’ facing one of the worst drought of recent history. Within the emptiness of these drum pipes flows energy and a call, the music of those who have just the music to grow flowers. (Detail of an instrument built with recycled material, in this case useless gutters)
Poi finalmente tutto suona, tutto il percorso dal degrado alla luce, dallo scarto alla bellezza si coagula in una jam session allegra e serrata. Ritmi del sole cocente, Joa Kali Drummers. Da domani appena imparato, faremo ballare lo slum. Chi un giorno ci avrà scacciato, con le stesse mani con cui ci aveva picchiato quando eravamo sporchi e chokorà, ora ci applaude, ci applaudirà. (Amref Italia, cortile, la Joa Kali drummer experience) - In the end everything plays, all the path from decay to light, from waste to beauty it melts in a merry and fast jam session. Sun burning rhythms, Joa Kali Drummers. Tomorrow, when we’ll have learnt, we’ll make the slum dance. One day those who have dispelled us, with the same hands who have beaten us when we were dirty and chokoràs, will cheer us. (Amref Italy, courtyard, Joa Kali drummer experience)
La bellezza sarà la nostra dedizione, la nostra dedizione sarà bellezza. (Joa Khali orchestra) - Beauty will be our devotion, our devotion will be our beauty. (Joa Khali orchestra)
Danziamo sul mondo. (Ragazze dei corsi di arti applicate che vengono a sentire i compagni drummers e improvvisano balletti) - Let’s dance over the world (applied arts courses’ girls who come to listen their drummer mates and put together dances)
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